Cos’hai che non parli…?

“Cos’hai che non parli…?”

Personale Biblioteca di Sarmede Treviso, gennaio 1995 Francesco Crosato

 

“Cigola la carrucola del pozzo,
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio;
appartiene ad un altro…

Ah che già stride

la ruota, ti ridona all’atro fondo,
visione, una distanza ci divide.”

 

Potrebbe essere questa composizione di Eugenio Montale ad introdurre queste opere pittoriche, che rappresentano una particolare e felice fase della ricerca artistica di Egle Piaser.

Non ci interessa qui sapere quali particolari ricordi abbiano suggerito questo lavoro: ci preme seguire il tracciato del suo sentiero, che come in tutte le esperienze artistiche genuine e sincere, è insieme sentiero tecnico e creativo: tecniche pittoriche particolari al servizio dell’esigenza espressiva.

I fiori, le piante rappresentano i contenuti di queste opere: fiori recisi e inseriti in un vaso; piante di cui, magari, si coglie solo una parte del  fusto…; sono dunque questi fiori, queste piante, semplicemente un pretesto, un’occasione creativa, o sono qualcosa di più significativo e unico, simbolo di qualcosa o tributo, omaggio a qualcosa? E ancora sulla soglia di una risposa vogliamo fermarci…

A noi basta capire che si parla di un ricordo e non di un’immagine impressionisticamente trasportata sulla tela come forse uno sguardo frettoloso potrebbe azzardare; di un’immagine trasfigurata che ha in sé –ma lo diciamo con la dovuta prudenza- i misteriosi connotati del simbolo.

Il ricordo è, dunque, al centro di questa fase dell’attività di Egle; risultano allora più decifrabili quei contorni sfumati, quegli oggetti accarezzati dalla luce, quella mancanza di un piano su cui quei vasi possono posarsi, quel loro essere come sospesi –ma talvolta anche esplodenti-, sullo sfondo, quell’atmosfera –ma qui non è il ricordo ma il tipo di ricordo ad entrare in gioco- di malinconia, di trstezza e lontananza. Frammenti di ricordi riportati alla luce, ma che già, come nelle poesie monta liane, sfuggono (“si deforma il passato, si fa vecchio…”), anche perché, forse, già in partenza, si tratta di frammenti, appunto, di ricordi pregnanti emotivamente, ma labili.

Il fiore viene poi lavato: il fiore ricordo –omaggio- simbolo viene accarezzato,…salutato…cancellato?…; fiori che nascono come ricordi evanescenti, e acquistano corposità via via, per ritornare, poi, alla loro evanescenza primitiva, anche se, talvolta, s’intravede alla sommità di una qualche corolla una macchia dorata, che pare voler cristallizzare o sacralizzare il ricordo.